Argot Prati: Bites con cocktail pairing nel locale "gemello" di Argot
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Argot Prati: Bites con cocktail pairing nel locale “gemello” di Argot

Argot Prati

Argot Prati, il locale a un passo da via Cola di Rienzo dove fare aperitivo e cena a colpi di “Bites” e “Cocktail pairing”, per chi ama le formule veloci, ma anche per gustare gli ottimi piatti cucinati con estro, seguendo la stagionalità della materia prima, da parte di chef Andrea Quaranta, grande creativo nel proporre in chiave moderna la tradizione a tavola. Ma da Argot Prati siamo anche nel regno più raffinato dell’alta miscelazione, salotto accogliente per il dopocena e, solo di domenica, insegna ideale per un gustosissimo, sostanzioso e sfizioso Brunch. I suoi proprietari Gianluca Melfa e Francesco Bolla sono gli stessi dell’amatissimo “secret bar” di successo Argot (via dei Cappellari), e ora per questa nuova avventura con cucina si sono uniti a due nuovi soci pieni di entusiasmo: Ivano Gambacorta e Sirio Di Francesco.

I 4 soci di Argot Prati

I 4 soci di Argot Prati: Francesco Bolla (da sinistra), Sirio Di Francesco, Ivano Gambacorta e Gianluca Melfa

 

  • Vi presento il locale

Da Argot Prati, aperto tutti i giorni dalle ore 18:00 alle ore 2:00, le prelibatezze enogastronomiche servite a tavola seguono la stagionalità e vantano soluzioni “veg friendly”, che siano piatti veri e propri o “Bites”,  invitanti bocconi che sposano essi stessi la tradizione italiana a tavola e la filosofia culinaria dello chef. All’ingresso, è difficile non restare colpiti dal lungo bancone con bottiglieria, realizzato da un sapiente artigiano come Gianluca Bolla, artista e artefice anche dei décor di Argot, che scaldano l’atmosfera informale, ma con un servizio sempre accurato, per far sentire bene i clienti, come  fossero nel proprio salotto di casa. Ad accoglierli ci sono delle figure ineccepibili, come Denise, preparatissima, disponibile e appassionante narratrice di piatti e cocktail da abbinare a essi.

Argot Prati interno

Argot Prati, il salottino del locale

Gli arredi artigianali sono di ispirazione vintage, con pezzi di modernariato di recupero unici. Gli spazi sono pensati per dare una nuova vita a degli oggetti che hanno già un passato: il bancone è un patchwork di legno con inserti insoliti, come un seggiolino per i bambini, un antico telefono, un dipinto e persino una sega. Alle pareti ecco invece un filatoio, ma anche una sezione di bicicletta, una testiera di un letto riadattate a fioriere, due mani modulabili di legno che spuntano da una colonna, come se fossero quelle di un barman, tanto che tra le dita tengono un jigger e uno spoon, due attrezzi “must have” del mondo del bar e, infine, un papillon, a richiamare l’iconico “baffetto” di Argot (è Franco Parla poco e lo trovate anche su Instagram. Pensate che da Argot Prati è persino possibile mangiare su uno scrittoio, per sentirsi come Jo March di Piccole Donne, e nei vari corner non mancano un clarinetto con degli spartiti, un attizzatoio e un pendolo.

 

Franco Parla poco

Sono Franco parla poco di Argot Prati e ho anche un account Instagram

 

Sabrina-Quartieri-I-viaggi-di-Bibi-Argot-Prati

Io allo scrittoio di Argot Prati mentre addento un Cappellaccio

 

I tavoli, poi, hanno una deliziosa mise en place con tovagliette ricamate e preziose maniglie d’appoggio alle posate, anche nel dehors pensile al primo livello, una bella terrazza dove è possibile consumare all’aperto, ma nel tepore di arredi ricercati, con sedute in ferro e pezzi vintage che, dal crepuscolo in poi, si riempiono d’atmosfera grazie alla illuminazione calda che accende la scena.

Terrazza Argot Prati

La terrazza di Argot Prati al primo livello

 

  • La mixology

È in questo istante che da Argot Prati la mixology diventa protagonista della scena con i twist on classic, drink storici, riletti e miscelati con tecniche e strumenti moderni al bancone bar. Un “counter” che vanta una bottiglieria tirata su tra tondini per i muri di cemento armato, specchi e scaffali di legno, che ricordano quello di Argot,  e dove gli sciroppi naturali sono custoditi in un lustrascarpe e i drink diventano anche “à porter”, grazie a una lattinatrice che imbottiglia per l’asporto di cocktail e birra. Il mio preferito? Si chiama Vodka Martini con Vermouth aromatizzato al cappero, limonata alla genziana e Wati al fieno (alias “Crazy for the Tsar”). Nel corso di alcune serate, poi, il locale si anima anche di una selezione musicale live da accompagnamento, a suon di colpi di Sax. Negli altri giorni, ad armonizzare cucina e cocktail ci pensa se no una magnetica playlist firmata The Macarons Project, che ripropone con una chiave soave pezzi storici come “Over The rainbow”, “Moon River” o l’intramontabile “Creep”.

Argot Prati, un cocktail

Uno dei cocktail di Argot Prati

 

  • La cucina 

A dirigere la brigata di cucina di Argot Prati, c’è chef Andrea Quaranta, cresciuto professionalmente grazie a chef Andrea Fusco, con cui ho lavorato per quasi 10 anni. Nel locale, attraverso il menu, si vuole raccontare l’Italia di oggi, tra tradizione e modernità, prendendo come spunto le basi della nostra cucina regionale e giocando con le consistenze e avvicinando sapori e preparazioni di altri Paesi, come quelli asiatici, che hanno sempre affascinato lo chef. Ecco qualche esempio: nello “Spaghettone Burro e parmigiana” il piatto è stato alleggerito senza che perdesse però il sapore finale: troviamo il burro di bufala e parmigiano reggiano 24 mesi, e la crema di melanzane affumicate (anziché fritte) con la salsa di pomodoro bruciato. Ancora: nel “Picchiapò” lo chef ha modificato la doppia cottura lunga tradizionale del vitello con una cottura a bassa temperatura, aggiungendo in busta del succo di pomodoro per insaporire la carne, coperta poi sul piatto con un’altra crema al pomodoro leggermente acidula, e a completare una tartare di vitello, purea di pastinaca e curcuma e dello scalogno arrosto. Spazio poi ai dessert, ma mai troppo dolci: in carta si trova “Pere e foie gras”, con una mousse ghiacciata di foie gras, mousse di pere, sorbetto al finocchio e croccante di noci.

Lo chef Andrea Quaranta

Lo chef di Argot Prati Andrea Quaranta

Spaghettone burro e parmigiana

Spaghettone burro e parmigiana di chef Andrea Quaranta

Cacio, pepe e gamberi

Cacio, pepe e gamberi di chef Andrea Quaranta

 

  • Il Brunch di Argot Prati della domenica

Argot Prati propone un’interessante formula di brunch, con una scelta ampia tra proposte al buffet all’insegna dei prodotti di qualità e di stagione, con anche portate vegetariane e un corner che trabocca di squisiti dolci fatti in casa. Sul tavolo, ecco allora, a seconda del periodo dell’anno: le Torte rustiche spinaci e cavolfiore (veg), il Carpaccio di salmone marinato con zucchine alla scapece, le  Polpette cacio e ova al sugo (veg), le  Frittelle di bieta con alici marinate, i Fiori di zucca ripieni al forno ricotta  e guanciale, la Lasagna bianca broccoli salsiccia e pecorino, Pasta e patate, Riso nero salmone avocado (bowl), Riso nero stracciatella (bowl), Cosciotto di maialino al forno, Trancio di salmone scottato, Cavolo rosso marinato, Scarola olive e pinoli e Insalata di finocchi e arance. Il brunch della domenica che arriva in Prati prevede una formula “open” dalle ore 12:00 fino alle ore 16:00, al costo di 25 euro a persona bevande escluse.

 

Argot Prati brunch della domenica

Argot Prati, il brunch della domenica

 

  • La storia di Argot

Argot è la scintilla che ha dato vita ad Argot Prati, e incarna la realizzazione di un primo sogno nato da un’amicizia di tre giovani ragazzi, Gabriele Simonacci, Francesco Bolla e Gianluca Melfa. Con tanto entusiasmo e un pizzico di sana follia, sono loro ad aver trasformato una vecchia e dismessa cantina in quello che sarebbe diventato un luogo iconico per gli intenditori del buon bere: il 9 novembre 2014 apre il secret bar nel cuore di Campo de’ fiori dove si servono cocktail di qualità e si respira convivialità: è Argot di via dei Cappellari, un locale che presto si impone sulla scena grazie alla miscelazione dei titolari Gianluca e Francesco, e dei due barman, Daniele De Angelis e Biagio Maurice Gennaro, che è racchiusa in una drink list ricercata, in grado di regalare un’esperienza unica e multisensoriale ma, soprattutto, sorprendente. La mission è trasmettere la cultura del bere bene e responsabilmente, evitando gli eccessi, e conoscendo meglio l’alcol da un punto di vista culturale, storico e degustativo. Il secret bar in via dei Cappellari , oggi un circolo privato, è avvolto da un’atmosfera retrò, che prende spunto nel nome dalle corti dei miracoli parigine per l’ambientazione e per quel senso di accoglienza che, eliminando naturalmente l’aspetto malavitoso, rendeva quei luoghi dei rifugi in cui tutti erano ben accetti. Argot, infatti, indica un dialetto francese codificato che si usava in quei luoghi avvolti dal mistero.

Barman e soci di Argot

I bartender di Argot e Argot Prati Daniele De Angelis e Biagio Maurice Gennaro

 

  • Argot, l’origine del nome

Come spiega Franco Stobbart nel sito “Riciclaggio della memoria”, la “Corte dei Miracoli” a cui è legato il nome Argot, ha sempre suscitato un fascino particolare tra i romanzieri. Come Victor Hugo che, tra le sue maggiori opere, scrisse “Notre-Dame de Paris”, un bellissimo romanzo storico, dove il punto di forza è proprio la descrizione dei vicoli della “Corte dei Miracoli” con i suoi vagabondi, pazzi, derelitti, teatro di una pittoresca festa dei buffoni con l’intento di eleggere il “Papa dei Folli”. Si legge nel sito che dei centomila abitanti della Parigi medievale, almeno trentamila erano indigenti. La spianata sulla quale è stato eretto il museo Pompidou, agli inizi del XIII secolo era storicamente conosciuta come “La Cour des Miracles”, un quartiere misero, rifugio di gente in fuga dal mondo, una borgata “esclusiva e riservata” considerata un luogo “maledetto” dove terminavano delinquenti, assassini, ladri, prostitute e protettori. Qui si rifugiavano il pugnalatore notturno e il tagliagole in pericolo, gli accattoni e i malviventi capeggiati dal Gran Chef de Bande. Tutti rientravano alla sera tranquilli e impuniti alla “Corte dei Miracoli”, un ricovero sicuro dopo aver vissuto l’intera giornata nell’illegalità e in attesa di prendere l’indomani le stesse tristi e illecite attività. Del resto l’appellativo “Corte dei Miracoli” deriva dal fatto che spesso i mendicanti fingevano delle menomazioni che poi scomparivano come per miracolo, una volta che questi rientravano nelle loro abitazioni, nel loro riprovevole quartiere colmo di cialtroni, di poveri, di ignoranti, di ferocia, miseria, fango e freddo. Un dedalo di stradine strette e angusti vicoli bui e tenebrosi che si intersecavano in questa zona quasi a formare un groviglio inestricabile che rendeva difficoltoso l’accesso ai soldati e a chiunque volesse avventurarsi senza essere del “popolo”. Nelle disagevoli e sporche viuzze accadeva ogni tipo di trasgressione e gli assassini erano il vero tribunale di giustizia. Ogni categoria di poveri residenti nella “Corte” aveva i suoi segni distintivi, una propria gestualità, i suoi riti e cerimonie. Nel “ghetto” era d’uso parlare un gergo di malaffare, quello stesso “jargon” misterioso e affascinante che divenne in seguito famoso nei pittoreschi racconti della “Corte dei Miracoli”: ne è un esempio le ballate “argotiques”, comprensibili solo agli iniziati, in cui vive il famoso “Argot”, ovvero la lingua usata dalla mala per non farsi intendere dagli sbirri del re. 

 

Argot Prati, via Alessandro Farnese 2, Roma

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