Mangiare a Vienna tra café storici, Wiener Schnitzel e cucina israeliana
Non solo Gran Ballo dei Caffettieri, a Vienna è affascinante anche la scena culinaria, tra caffetterie storiche, ristoranti e nuove tendenze che vi racconto in questo nuovo blog post. Il giorno dopo della serata danzante all’Hofburg, infatti, ci si sente ancora come in un sogno, così si sente la voglia di ritardare il più possibile il ritorno alla normalità. Ecco allora come indugiare esplorando la città alla scoperta delle sue tradizioni culinarie, a partire dai caffè storici legati al Gran Ballo, pionieri di un nuovo lifestyle viennese, iniziato sul finire del ‘600 quando venne meno l’influenza ottomana nell’area. Locali sospesi nel tempo per assaporare, come una volta, una tazza di “Einspänner”, un espresso con panna servito in un bicchiere di vetro con il manico. Un escamotage utile ai cocchieri, che potevano consumare il loro “Coffee to go” con l’unica mano libera che avevano, perché con l’altra tenevano le briglie dei cavalli. O, ancora, un “Fiaker”, un espresso doppio con rum e panna che prende il nome dalle carrozze che si aggirano nel centro storico. Solo alcune delle proposte in carta, da abbinare alle tradizionali torte viennesi, mai troppo dolci e dalle porzioni generose, che solleticano i palati, da quella ai semi di papavero alla Sachertorte fino allo Strudel di mele o di prugne, che vuole la panna accanto per una consuetudine che si è diffusa solo di recente.
Considerate un secondo salotto di casa, le oltre duemila caffetterie con i camerieri in smoking – come vuole l’etiquette di questo tipo di locali – sono il rifugio di tutti i viennesi. Anche quando si ha voglia di un Gulasch a pranzo o a cena, un sostanzioso piatto che, come lo spuntino in piedi “mordi e fuggi”, fa parte del rituale del fine serata dopo un Gran Ballo. Della lunga lista di indirizzi, “the place to be” è “Schwarzenberg”, elegante e sontuoso, ma molto autentico, che risale al 1861. Si tratta, infatti, della più antica insegna gastronomica del genere lungo gli ottocenteschi boulevard del Ring. Ma va per la maggiore anche il più intimo “Café Leopold Hawelka”, ritrovo bohémien a un passo dalla cattedrale, con stampe e specchi affastellati, le luci soffuse e la boiserie di legno. Inconfondibili, accanto ai divanetti più morbidi e ai tavoli, sono le sue sedie di legno ispirate alla iconica “Thonet”, la cui ricca produzione si ritrova in due spazi espositivi imperdibili: il “Möbel Museum”, dove sono presenti anche alcuni dei décor appartenuti ai set del film “La Principessa Sissi” con Romy Schneider; e il “Mak”, vocato alle arti applicate attraverso i secoli. È proprio esplorandoli che si apprende una curiosità importante di un altro indirizzo interessante: il “Café Museum Wien” di Karlsplatz, rinomato per l’interior design a fine ‘800 dell’austriaco Adolf Loos, considerato tra i pionieri dell’architettura moderna. Un’impronta che fu mantenuta, anche quando la struttura venne rinnovata dal sudtirolese Josef Zotti dopo circa 30 anni, con la cassa ancora di fronte la porta d’ingresso.
La scena più nuova e trendy è rappresentata da locali come C.O.P. oppure Neni am Prater. Entrambi propongono, seppur in modo diverso, un menu che rompe gli schemi, mentre si respira una vibe giovanile e fresca. Il primo punta sui sapori mediterranei e premia i piccoli produttori biologici. Dà il meglio di sé quando si opta per la formula “sharing”, tra pane e brown butter, focaccia, ceviche, formaggio e olive; in abbinamento, si trovano solo vini naturali del territorio (anche dei vigneti urbani, che si estendono per ben 600 ettari), per una degustazione di qualità guidata da affabili camerieri che indossano una divisa da lavoro blu, che ricorda quella degli operai, ma in versione trendy. Il secondo è il tempio del gusto di squisiti piatti tipici di Israele, al profumo delle “Jerusalem herbs”, tutti realizzati nella cucina a vista del ristorante che affaccia sulle giostre del parco divertimenti di Vienna, illuminate di colori sgargianti al calar della sera. La tradizione con le specialità più tipiche, invece, si ritrova, in pieno centro, da “Oswald & Kalb”, suggerito da una parigina che ha trovato marito a Vienna e pronipote del primo cacciatore di farfalle nelle Americhe, i cui outfit pigiama elegantissimi ispirano quelli dell’atelier Indie che ha aperto in città la designer francese (l’uomo contribuì a rendere famoso il Morfo Blu, esemplare scelto poi da Apple per l’emoji dell’insetto).
Come riconoscere una Wiener Schnitzel (la nostra cotoletta ma di vitella) fatta ad arte
Intanto, dobbiamo verificare che sia sottilissima alla viennese e con i rigonfiamenti a dimostrarne la buona riuscita della carne di vitella fritta nel burro chiarificato, si trova anche da “Gößßer Bierklinik”. Una locanda del 1566 e, oggi, il ristorante più antico di Vienna ancora attivo, con alcune parti del palazzo che risalgono al 1406. Su una delle pareti è rimasta persino una palla di cannone – ben visibile – dell’esercito ottomano durante l’assedio del XVI secolo guidato dal sultano Solimano il Magnifico. Tutto questo l’ho scoperto grazie a una cordiale cameriera, Aleksandra Ružić, originaria della Serbia e gentilissima nel ripercorrere la storia di un’insegna di valore, in prossimità dell’antico ghetto di Vienna. Un’area che si sviluppa intorno a Juden Platz, dove si trova il monolite monumento alla memoria delle 65mila vittime dell’Olocausto durante gli anni 1938-1945. Un ex quartiere di commercianti ebrei, che oggi si è trasformato nel fulcro della movida. Come mi spiegava un caro amico, che fa il ricercatore in Biologia all’università di Vienna, lo chiamano il “Bermudadreieck”, il Triangolo delle Bermuda, perché a furia di bere, tra i tanti locali e pub fioriti negli ultimi decenni, va a finire che ci si perde e non si riesce a tornare a casa, e senza troppo mistero.