Taki Off, perché ho amato stare a cena da chef Massimo Viglietti
Taki Off di chef Massimo Viglietti in Prati, il ristorante di Roma per provare davvero un’esperienza enogastronomica nuova, unica, sorprendente ma allo stesso tempo rassicurante, grazie ai modi gentili e cordiali di Viglietti, che con la sua grande conoscenza e competenza, ma anche col suo fare garbato degli uomini d’altri tempi, ti accompagna per mano attraverso il viaggio culinario che nella Città eterna non ti aspetti. Un percorso che ai tavoli di Taki Off ti fa sentire fortunato, specie di questi tempi, regalando un confinamento un po’ più piacevole, sapendo che a un passo da casa esiste il posto giusto per sentirsi nel gotha dell’enogastronomia più audace, che è esperimento e insieme armonia assoluta di accostamenti di ingredienti e tecniche.
Ma che significa tutto questo in pratica? Insolito ma vero, come solo Viglietti potrebbe fare, a spiegare la cucina dello chef, animato dalla passione e da una buona dose di “beat” giusti (immancabile al tavolo e ai fornelli è la playlist Spotify di Viglietti), è un disegno fatto col gesso da un’artista su una delle pareti di Taki Off. Quello che si vede è una finestra con dei fiori di ciliegio del Sol Levante, una piantina di basilico e il colpo d’occhio su un tratto di costa ligure, non lontana da quella francese.
Una sintesi che ci svela con pochi ma significativi elementi che la cucina di Viglietti prende forma attraverso tecniche di cottura particolari come le infusioni e trattando con cura solo l’eccellenza delle materie prime italiane (a partire da quelle liguri, terra natia dello chef che ad Alassio col ristorante di famiglia si è conquistato due stelle Michelin) e giapponesi, ma senza piegarsi al fusion. I suoi piatti sono piuttosto “figli” di una filosofia culinaria fatta di curiosità e ricerca, che importa sulla tavola di Taki Off anche ingredienti difficilmente assaggiati o sentiti prima: come la mano di Budda, un agrume che lo chef usa in una delle sue portate di punta. Ancora, nei suoi tre menu degustazione di cinque, sette e nove portate, c’è senza dubbio l’omaggio alla Francia, “patria” del genio assoluto per Viglietti: lo chef transalpino Pierre Gagnaire.
Ma veniamo al cibo di Taki Off. La provocazione c’è e si mostra senza esitazioni. Ecco che ci si ritrova stupiti e anche un p0′ sconcertati davanti all’“Idea di marinara”: contenuto in una siringa, il “siero” di pomodoro va iniettato in bocca, prima di essere accompagnato a un buonissimo pan fritto. Che dire? È l’esplosione di gusto fatta piatto giocoso. Si dà il via così a un’esperienza in cui piano piano ci si scrolla di dosso ogni pregiudizio e ci si affida allo chef, sempre di più e con convinzione.
Si provano così: “Il Viaggio attorno a un’anatra”, il “Sodalizio tra un’ostrica e un coniglio”, il Sorbetto che da Viglietti si annusa, per inebriarsi del suo aroma al limone, o, ancora, lo Spaghettino di patate con la Galanga (una radice estranea a noi occidentali, che ricorda la curcuma e il cardamomo) e con la Mano di Buddha (l’agrume di cui sopra, in cui si usa solo la pelle, perché il resto è amarissimo). Ancora: la selezione di pani, tutti fatti in casa, prende forma in un indovinato quartetto, dove non mancano delle impareggiabili Nuvole di riccio (con farina di mais), dei grissini di wasabi e della focaccia ligure. E poi, la Cappasanta si accompagna al foie gras fresco, alla riduzione di Coca Cola e alla purea di mela, ma anche a un Palloncino di scoppiettino con robiola, yogurt greco e marmellata di limone. Mentre i Gyoza (un piatto a cui lo chef è particolarmente legato) hanno un ripieno di lumache e sono adagiati su un brodo di barbabietola rossa. Il leggero Brinis con cui le stesse fanno coppia è, invece, l’occasione per assaggiare il caviale di lumache e restituire con tutto il piatto i sapori della terra.
A rendere la cena da Taki Off piacevole è soprattutto la presenza in sala dello chef “narratore”, abile nel catturare e mantenere l’attenzione dei clienti – sempre in modo amputabile e discreto – con i suoi racconti legati ai piatti, alle materie prime utilizzate e ai vini consigliati (Viglietti è anche un ammaliante sommelier certificato francese). Ci si alza, anche dopo il menu di 9 portate, leggeri e pieni, appagati dell’esperienza enogastronomica che difficilmente si può replicare. Conquistati dall’equilibrio degli ingredienti nelle portate, dove il grasso è trattato in modo gentile, al sale si prediligono le spezie mediterranee e l’olio ligure vince sugli altri per la sua delicatezza, ci si lascia tentare da un ultimo peccato di gola: è il dessert con un Gambero proposto in stile crêpe Suzette e gelato al tè. “In fondo il Gambero è esso stesso molto dolce”, ricorda Viglietti a chi lo guarda un po’ strano ed è in cerca di rassicurazioni!
Si chiude con uno show cooking spettacolare dedicato al caffè. Viglietti lo inscena mentre crea il suo Maigret al guéridon, per un ultimo viaggio tra gli effluvi di Calvados e tabacco che avvolgono l’elegante bonsai che torreggia tra le nuance fumé e lilla del raffinato ambiente di Taki off.
Taki Off si trova in via Marianna Dionigi all’angolo con piazza Cavour, ed è ospitato in uno spazio del locale di Taki, ristorante di cucina tradizionale giapponese di proprietà di Onorio e Yukari Vitti. Ma ha un ingresso riservato al civico 62.